Nella storia del mobile italiano uno dei più prolifici inventori e disegnatori di interni e arredi non è un artista di professione. Non uno scultore, pittore o decoratore ma bensì un funzionario di corte. Si tratta di Diacinto Maria Marmi, per quasi mezzo secolo guardarobiere dei palazzi degli ultimi Medici. Nato nel 1625 in una famiglia di funzionari intraprende la carriera famigliare già prima del 1654, al seguito dello zio Biagio Marmi. Sono diversi, ed estremamente vari, gli incarichi che gli vengono assegnati. Nel 1658 redige il Libro di piante di tutti gli appartamenti principali de’ Serenissimi padroni – oggi conservato presso la Biblioteca Nazionale di Firenze. Nel 1661 è soprintendente dei festeggiamenti per le nozze tra il granduca Cosimo III e Margherita Luisa d’Orléans. Nel 1663 compila la Norma per il guardaroba del Gran Palazzo nella città di Fiorenza. Lo stesso anno, con la morte dello zio, subentra nell’incarico di guardarobiere di corte. Da questo momento, per il resto della sua lunga vita si occupa, sotto il principe Cosimo, Vittoria della Rovere e il gran principe Ferdinando, di tutte le faccende inerenti l’arredamento del palazzo di corte, delle ville di campagna, dell’organizzazione di eventi celebrativi.
A capo di una vasta schiera di artigiani, prima al fianco di Pier Maria Baldi e dal 1694 di Giovanni Battista Foggini (1652-1725), Diacinto Maria Marmi fu il regista del funereo gusto tardo-Barocco degli ultimi Medici.
Il cospicuo corpus dei suoi disegni e progetti conservato oggi tra il Gabinetto dei disegni degli Uffizi e la Biblioteca Nazionale di Firenze è la più esaustiva documentazione riguardante il gusto e l’arrededo alla corte degli ultimi Medici, vera e propria fotografia degli ambienti a breve smantellati col finire della dinastia. Nei suoi disegni La progettazione di Marmi non riguarda quasi mai un singolo mobile, impagina piuttosto insiemi complessi, pareti o interi ambienti nei quali nei quali immagina fitte decorazioni parietali entro le quali colloca mobili, dipinti e suppellettili.
Tra i disegni più belli per ricchezza inventiva è il progetto di parete in cui è inserito il grande stipo che gli artigiani della Galleria dei lavori eseguirono, sotto la sua direzione e quella di Giovanni Battista Foggini, nel 1677, per la granduchessa Vittoria della Rovere, ancora oggi conservato a Palazzo Pitti. Definito in un documento “di architettura alla tedesca”, il mobile in legno di ebano poggia su sei satiri scolpiti e parzialmente dorati; il fronte, in foggia di facciata di palazzo, è caratterizzato da un’ampia rientranza, con nicchie incorniciate da colonne in lapislazzuli. Al centro le sculture in bronzo dorato di Giunone, Venere e Minerva. Commessi in pietre dure e tenere lo completano, disegnando palazzi e architetture sui frontali dei cassetti. Al centro, al di sopra del grande attico decorato da un ventaglio di commessi floreali, è la statua di Atlante. Questa e altre piccole statue dispiegate lungo la balaustra superiore, i capitelli corinzi, i tre busti di imperatori romani e tutti i piccoli ornati, sono opera dello stesso Foggini.
Il progetto di Diacinto Maria Marmi mostra l’immagine esatta del fasto della corte medicea in cui stucchi, commessi marmorei, tessuti, dipinti racchiusi in cornici scultoree e mobili sontuosi formavano insiemi di stupefacente ricchezza.