Bernini e lo specchio per la regina di Svezia

Non di rado, nel corso della sua lunga carriera, Gian Lorenzo Bernini si dedicò all’ideazione di mobili e arredi. L’esempio più celebre è il basamento ligneo di una delle sue opere giovanili, il marmo del San Lorenzo sulla graticola, già in collezione Contini Bonacossi e oggi presso la Galleria degli Uffizi. Un robusto tronco si eleva da un piede sagomato in forma di rocce, dai rami divampano fiamme che lambiscono il ciglio del piano su cui poggia la scultura in marmo. La realizzazione spetta probabilmente ad Antonio Chicari, intagliatore di fiducia di Bernini. Fu sempre Chicari ad intagliare, per la famiglia del Papa regnante Chigi, nel corso del 1663, i due tavoli “conformi il disegno del Cavalier Bernino” oggi conservati presso l’omonimo palazzo di Ariccia. Ancora una volta sostegni per sculture, il primo per l’Allegoria della Vita, di Ercole Ferrata, il secondo per l’Allegoria della Morte, dello stesso Bernini. In questo caso non si tratta di tronchi d’albero, ma di grovigli naturalistici di cornucopie dai quali fuoriescono fiori e frutti, cartocci di foglie di quercia e d’acanto. Sono questi tra i pochi, forse gli unici, arredi superstiti ideati da Gian Lorenzo Bernini.

Di altri capolavori restano tracce in documenti, cronache, o disegni. E’ il caso di uno specchio del quale si conserva il progetto originale nelle collezioni reali inglesi, presso la Royal Library a Windsor Castle. La personificazione di Saturno, ad ali spiegate, si staglia al di sopra della cornice costituita da un semplice listello. Vigorosamente regge un ampio drappo che scende sui lati, inquadrandone la parte centrale. Si tratta di una vera e propria macchina teatrale barocca, eseguita per ricordare, a chiunque si specchiasse, l’inesorabile trascorrere del tempo, con Saturno pronto a calare il sipario. Sappiamo che la grande figura del dio alato fu modellata in terracotta dallo scultore Ercole Ferrata, poi dorata assieme alla parte lignea alla quale lavorò, ancora una volta, Antonio Chicari.

L’arredo fu commissionato nel 1656 dalla regina Cristina di Svezia, giunta a Roma l’anno precedente in seguito alla sua conversione al cattolicesimo, per far visita a papa Alessandro VII Chigi. Fu accolta nella città pontificia con solenne ingresso a bordo di una carrozza scolpita “con artificio meraviglioso […] tutta d’argento con statue, figurine, intagli e imprese misteriose d’invenzione del celebre cavalier Bernino”.

Alla morte della regina, nel 1689, lo specchio fu acquistato dal cardinale Pietro Ottoboni, destinato quello stesso anno al soglio pontificio col nome di Alessandro VIII. In un inventario del 1740 l’arredo è ancora presente in una sala del Palazzo della Cancelleria, prima che di esso se ne perdessero le tracce. Il disegno, parte delle collezioni del cardinale Alessandro Albani, fu acquistato nel 1762 da Giorgio III.

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