1751, un mobile milanese a cineserie

Luigi Fratini, Canterano con scansia, 1751
Legno di noce, abete e pioppo laccato dipinto e dorato, cm. 234x109x64,5
Già Sotheby’s, Milano 20 giugno 2006 (lotto 322)

Intorno alla metà del Settecento, Parigi, capitale del gusto ancien régime, fu in grado di rielaborare e poi diffondere il fascino delle più suggestive fantasie che giunsero in Europa dall’Oriente grazie al costante contributo delle Compagnie delle Indie. Quella per la chinoiserie fu un’infatuazione che raggiunse ogni centro culturale, declinata in tutte le arti. Scenette cinesi comparvero così negli stucchi dei più prestigiosi palazzi di corte, nei tessuti più pregiati, nei migliori servizi in porcellana ma anche negli arredi all’ultima moda.
Quello del mobile decorato da cineserie in lacca, a simulare il gusto decorativo delle preziose lacche dell’Estremo Oriente, è un capitolo che in Italia toccò maggiormente Torino ma soprattutto Venezia. Anche a Milano si eseguirono mobili secondo la nuova moda del tempo, presenti a partire dalla metà del secolo nei più prestigiosi palazzi cittadini. E’ il caso di Palazzo Litta in Corso Magenta. Nel 1751, alla morte di Giulio Visconti Arese, una delle personalità più in vista della Milano di quegli anni, si stilò un prezioso inventario. Con la celebre collezione di quadri sono annoverati qua e là mobili secondo il più aggiornato gusto del tempo come un “Burò alla Chinese con entro due luci con tre cassettoni tutti dipinti con pomi d’argento”, una coppia di “Burò di noce impellizzati con quattro piedi per cadauno alla Chinese, con suoi freggi di legno adorati, manette d’ottone sopradorati con alcune pietre di lapislazzuli” o “tavolini quadri da gioco alla Chinese cioè due con stemma visconti Borromeo Arese e gli altri due di figure alla Chinese con piedi frigiati d’oro”. Di questi mobili, che come si vede non mancarono nei palazzi milanesi, poco si è conservato.

Una delle più interessanti di queste rarità è senza dubbio un “canterano con scansia” apparso nel corso di una vendita Sotheby’s a Milano nell’estate del 2006.
E’ un mobile di semplice costruzione che ripete i prototipi della più corrente ebanisteria lombarda di metà Settecento. Anche le forme ne tradiscono la provenienza con il movimento leggermente mosso del fronte e dei fianchi, la presenza delle lesene ai lati dei cassetti, la cimasa ad arco spezzato coronata da un elemento fogliaceo scolpito, le superfici messe in risalto dalle cornici in rilievo, non ebanizzate in questo caso ma rifinite in foglia oro.
Questa semplicità stride con la raffinatezza della decorazione che ne ricopre tutte le superfici. Il mobile è finemente istoriato con una serie di scenette ispirate alla vita e ai costumi cinesi, alla maniera delle maioliche “a paesini e figure a smalto alla chinese” prodotte a Milano dalle manifatture di Felice Clerici e Pasquale Rubati. Sui frontali dei cassetti e sull’anta della ribalta sono scene di genere, architetture orientali e dragoni; sulle ante, agli angoli degli specchi, uccelli mitologici e personaggi che volano tra le nuvole; guerrieri nei pannelli dei fianchi. Tutte le figure spiccano su di una lacca nera che esalta le policromie, le dorature e soprattutto le mecche colorate oggi poco visibili.
Questa decorazione si rifà alle lacche dell’Estremo Oriente che circolavano nell’Europa di metà Settecento. E’ Lodovico Caumont Caimi (L. Caumont Caimi, I mobili laccati del Settecento in Lombardia, Po, Quaderni di cultura padana, 2000, 10, pag. 35) ad aver rintracciato la fonte iconografica nell’arte giapponese dell’epoca Edo (1603-1868) e nelle lacche dette “Nambau” prodotte in Giappone per il mercato occidentale, avidamente collezionate dai principi regnanti europei.

La straordinarietà di questo mobile è però inserita, quasi nascosta, nella decorazione della cimasa. Si tratta di firma e data apposte a mo’ di grafismi sinizzanti entro un cartiglio: “Luigi Fratini Fece / 1751”. Nulla sappiamo di questo Luigi Fratini che firmò il mobile, o meglio la bella decorazione a lacca che ne riveste le superfici. E’ però certo che fosse ben informato sul gusto e la tecnica dei laboratori veneziani e piemontesi, forse per questo proveniente da quelle zone dove la lacca era una pratica artigianale con una solida tradizione. Elemento di maggior rilievo è la precisa datazione, punto di riferimento per la storia dell’arredo del Settecento italiano.

Bibliografia:
G. BerettiIl mobile dei Lumi. Milano nell’età di Giuseppe Maggiolini (1758-1778), Vol. I, Milano 2010, pp. 108-110

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