Giuseppe Maggiolini, Piccolo tavolo da lavoro, 1777 ca
Legno di noce e abete intarsiato in bois de violette, palissandro, bois de rose, bosso, pero, acero, acero tinto verde e altri legni non correttamente identificabili. Applicazioni in ottone dorato e rame sbalzato e dorato. Cm 74x57x36
Milano, Raccolte Artistiche del Comune di Milano, Inv. Mobili 390
Bibliografia:
G. Morazzoni, Il mobile intarsiato di Giuseppe Maggiolini, Milano, 1953, Tavv. XX e XXXVI
G. Rosa, I mobili delle Civiche Raccolte Artistiche di Milano, Milano 1963, p. 143
G. Beretti, Giuseppe e Carlo Francesco Maggiolini, l’officina del Neoclassicismo, Milano 1994, pp. 68-73
E. Colle, Museo d’Arti Applicate: mobili e intagli lignei, Milano 1996, pp. 335-337
G. Beretti, Il mobile dei Lumi, Milano nell’età di Giuseppe Maggiolini (1758-1778), Vol. I, Milano 2010, pp. 149-150
A. Wegher, Un piccolo tavolo da lavoro, in G. Beretti, a cura di, Maggiolini al Fuorisalone, catalogo della mostra (Milano, Galleria San Fedele, 13-19 aprile 2015), Milano 2015, scheda 3
G. Beretti, Il giovane Maggiolini. L’invenzione del mobile neoclassico a Milano, Milano 2023, pp. 113-118
Su impulso dell’Associazione Industriale Italiana, nel 1878 fu costituito a Milano il Museo Artistico Municipale, progenitore delle odierne Civiche Raccolte d’Arte applicata, con lo scopo di raccogliere significativi esempi d’arte decorativa realizzati in Lombardia[1]. Il Comune si assunse così l’impegno d’incrementare le collezioni, non solo per esigenze conservative ma anche didattiche: le opere dovevano infatti servire da modelli agli allievi della neonata Scuola Superiore di Arti applicate all’industria[2]. Entra così a far parte delle Civiche Raccolte questo piccolo tavolo da lavoro, tra le prime opere di gusto neoclassico di Giuseppe Maggiolini, acquistato dalla direzione del museo nel 1890 presso l’antiquario Subert, come ricorda un piccolo cartiglio incollato all’interno del mobile.
Già pubblicato da Morazzoni come opera certa di Giuseppe Maggiolini[3], il mobile, il cui corpo ha forma di parallelepipedo, è sorretto da esili gambe tronco piramidali impiallacciate in bois de violette, scanalate e arricchite da piccoli festoni in bronzo e puntali in rame sbalzato e dorato. Uno dei due lati maggiori si apre ad anta mostrando quattro piccoli cassetti. Un tiretto segreto, celato nello spessore del piano, svela uno specchio che si apre a mo’ di leggio. Dal lato opposto esce, perpendicolare al piano, un tiretto parafuoco intarsiato su entrambe le facciate. Sul recto è una testa di capro che sorregge due festoni di fiori; sul verso, entro una riserva ovale, una scena in cui Vulcano, sovrastato dal carro di Venere, forgia le frecce di Cupido, raffigurazione tratta da un disegno conservato nel Fondo dei disegni di bottega (Inv. C 31/4)[4]. Al centro del piano è intarsiato, in una riserva circolare, un disegno attribuibile al giovane Andrea Appiani (Inv. B 129)[5] rappresentante una scena classica derivata da un sesterzio coniato per i Ludi Saeculares dell’88 d.C. Due figure togate consegnano le offerte al principe assiso in trono, sul cui basamento corrono le abbreviazioni della legenda POPULUS ACCEPIT FRUGES[6].
Il piccolo mobile è del tutto prossimo alla scrivania che nel 1773 il governatore di Milano Ferdinando d’Asburgo inviò alla madre, l’imperatrice Maria Teresa, oggi conservata presso il Möbelmuseum di Vienna. L’intarsio che sulle fasce del tavolo disegna bei racemi simmetrici rispetto alla conchiglia centrale, presenta la medesima qualità di taglio, ombreggiatura e profilatura che caratterizzano quelle della scrivania imperiale. La bordatura della riserva con Vulcano è identica a quella che nel mobile a Vienna incornicia, sul piano estraibile, l’Allegoria delle Arti. Entrambe le opere presentano la medesima qualità di bois de violette e l’impiego nelle tarsie, seppur minimo, dell’avorio, materiale di rado utilizzato da Giuseppe Maggiolini[7]. In quest’opera, come anche nel piccolo tavolo di gusto Louis XV in collezione privata, di qualche anno precedente, l’intarsio non mostra ancora una tecnica di taglio, di ombreggiatura e di profilatura del tutto affinata. Anche il colorismo non presenta la morbidezza che caratterizzerà le opere della produzione più matura.
[1] F. Tasso, L’esposizione di Milano del 1874 e la formazione della collezione dei mobili all’interno dei Musei Civici, in Il mobile italiano nelle collezioni del Castello Sforzesco a Milano, Milano 2006, pp. 19 e sgg. [2] C. Salsi, La Scuola e il Museo d’Arte Applicata al Castello Sforzesco: un rapporto storico da rinnovere, in 1882-1982: Centenario Scuola superiore d’arte applicata all’industria, Castello Sforzesco, Cinisello Balsamo 1982, pp. 22 e sgg. [3] G. Morazzoni, Il mobile intarsiato di Giuseppe Maggiolini, Milano 1953, Tavv. XX, XXXVI [4] G. Beretti, A. Gonzàlez-Palacios, Giuseppe Maggiolini, Catalogo ragionato dei disegni, Milano 2014, pp. 248 e sgg. [5] Ibidem, pp. 117 e sgg. [6] H. Mattingly, E. A. Sydenham, The Roman imperial coinage, Londra 1968, Vol. II, p. 201 [7] G. Beretti, Il mobile dei Lumi, Milano nell’età di Giuseppe Maggiolini (1758-1778), Milano 2010, pp. 149 e sgg.