Giuseppe Maggiolini, Coppia di commodes, 1777
Fusto in legno di noce, abete e pioppo intarsiato in bosso, pero, acero, acero tinto verde, faggio, robinia, quercia affogata e altri legni non correttamente identificabili. Applicazioni in ottone dorato e rame sbalzato e dorato. Cm 145x125x59
Milano, già palazzo Greppi
Milano, Raccolte Artistiche del Comune di Milano, Inv. Mobili 344 (Restauro Giuseppe Beretti, 1997)
Collezione privata
Bibliografia:
Esposizione storica d’arte industriale in Milano 1874: catalogo generale, Milano 1874, p. 7
G. Marangoni, Gli intarsi del Maggiolini, in «Città di Milano», marzo 1918, p. 53
Mostra commemorativa di Giuseppe Maggiolini, catalogo della mostra (Milano, Museo di Milano, novembre / dicembre 1938), Milano 1938, p. 30, Tav. IV
La casa italiana nei secoli: mostra delle arti decorative in Italia dal Trecento all’Ottocento, catalogo della mostra (Firenze, Palazzo Strozzi, maggio / novembre 1948), Firenze 1948, pp. 61-62
G. Morazzoni, Il mobile intarsiato di Giuseppe Maggiolini, Milano 1953, Tav. IV
G. Morazzoni, Il mobile neoclassico italiano, Milano 1955, Tav CCCVII
Mostra del mobile, disegni, cimeli di Giuseppe Maggiolini, catalogo della mostra (Parabiago, Palazzo Corvini-Lampugano, 25 settembre / 10 ottobre 1965), Parabiago 1965, Tav. I
G. Rosa, I mobili delle Civiche Raccolte Artistiche di Milano, Milano 1963, n. 394
S. Colombo, L’arte del mobile in Italia, Milano 1975, fig. 315
A. Gonzáles-Palacios, Il tempio del gusto. Il Granducato di Toscana e gli Stati settentrionali, 2 Voll., Milano 1986, I, p 280
G. Beretti, Giuseppe e Carlo Francesco Maggiolini, l’officina del Neoclassicismo, Milano 1994, pp. 62-67
E. Colle, Museo d’Arti Applicate: mobili e intagli lignei, Milano 1996, pp. 90-93
G. Beretti, Andrea Appiani, i disegni d’ornato per il “bravo Signor Maggiolini”, in «Rassegna di studi e notizie», 22.1998, pp. 49-80
E. Colle, Le arti decorative, in F. Mazzocca, A. Morandotti, E. Colle, a cura di, Milano neoclassica, Milano 2001, p. 554
G. Beretti, Laboratorio, contributi alla storia del mobile lombardo, Milano 2005, pp. 30-41
G. Beretti, Il mobile dei Lumi: Milano nell’età di Giuseppe Maggiolini, Milano 2010, pp. 149-159
A. Wegher, Le commodes Greppi del 1777, in G. Beretti, a cura di, Maggiolini al Fuorisalone, catalogo della mostra (Milano, Galleria San Fedele, 13-19 aprile 2015), Milano 2015, scheda 5
G. Beretti, Il giovane Maggiolini. L’invenzione del mobile neoclassico a Milano, Milano 2023, pp. 103-111
“Ricevuto dal Ilus.[triss]imo Sig.[no]r Consig.[lie]re D.[on] Antonio Greppi il saldo importo delle due Comode fatelj. Ed in fede il qual Saldo me stato pagato dal Sig.[no]r Angelo Picinino. Ed in fede, Giuseppe Maggiolino”.
Così recita la ricevuta autografa allegata a un mandato di pagamento, datato 3 luglio 1777 e intestato a Giuseppe Maggiolini, per l’esecuzione di “due comod di ebano” saldate la consistente cifra di 1860 lire. Dei documenti, oggi sfortunatamente perduti, si conservano le riproduzioni presso il Civico Archivio Fotografico di Milano; si deve il loro ritrovamento ad Arnalda Dallaj, già conservatrice del Civico Gabinetto dei disegni del Castello Sforzesco[1].
Queste carte si riferiscono a una coppia di commodes, una conservata presso le Civiche Raccolte d’Arte applicata di Milano (Inv. Mobili 344), l’altra transitata sul mercato antiquario negli anni Ottanta del secolo scorso e oggi in collezione privata. Il riconoscimento delle due opere va ad avallare quanto sostenuto nel 1953 da Giuseppe Morazzoni, che nella sua monografia su Giuseppe Maggiolini afferma che la coppia di mobili fu eseguita su commissione del ricco conte Antonio Greppi; affermazione confortata dal fatto che, all’epoca, una delle due commodes era di proprietà della contessa Bice Greppi Belgiojoso[2]. Questo mobile era forse presente all’”Esposizione storica d’arte industriale” del 1874. Nel catalogo, il “cassettone a tarsie, fregi in bronzo e tavola in marmo, opera del Maggiolino” è accompagnato dal nome del proprietario: “Greppi c[ont]e Antonio Seniore”[3].
Non è invece chiaro come e quando la commode oggi presso le Raccolte milanesi sia entrata in museo. I due mobili furono riuniti solo in occasione della “Mostra commemorativa di Giuseppe Maggiolini”[4], nel 1938. La commode delle Civiche Raccolte fu poi esposta nel 1948 a Palazzo Strozzi, alla mostra “La casa italiana nei secoli”[5], e nel 1965, alla “Mostra del mobile, disegni, cimeli di Giuseppe Maggiolini”[6].
Definita da Alvar González-Palacios “opera monumentale, […] ritenuta da sempre una delle pietre miliari dell’ebanisteria neoclassica italiana. E forse europea”[7], la commode delle Civiche Raccolte è senza dubbio l’opera più pubblicata dalla storiografia maggioliniana.
Purtroppo entrambe le commodes hanno sofferto invasive manomissioni, nel tentativo di spianare l’intarsio increspatosi per i movimenti delle tavole del fusto. Pesanti levigature hanno fatto così svanire gran parte delle profilature che rifinivano l’intarsio, compromettendo in via definitiva i volti delle figure e i dettagli dell’ornato minuto lavorati al bulino.
Durante l’ultimo intervento di restauro del mobile delle Raccolte artistiche milanesi, al di sotto della lesena anteriore del lato sinistro è emerso un piccolo foglietto, piegato e arrotolato, parzialmente mangiato da un tarlo, su cui si legge ancora chiaramente:
“Carlo Defilipi e Carlo Magiolino / e Giuseppe Magiolino / Fec[ero] / [Ori]gio Parabiago”.
L’iscrizione è redatta a penna al verso del frammento di una ricevuta della Gabella di Gallarate, recante la data 14 settembre 1775. Il nome di colui che pagò il tributo è “Giuseppe Magiolino”. La disposizione dei nomi presenti fa chiaramente intendere come l’esecuzione del mobile sia stato il frutto della collaborazione tra l’ignoto Carlo Defelipi di Origgio, Carlo e Giuseppe Maggiolini di Parabiago[8].
Le due commodes presentano una costruzione arcaica dei fusti e una progettazione tecnicamente sperimentale: atipico, novità rispetto agli altri mobili eseguiti da Maggiolini, è il meccanismo dell’anta centrale che una volta sollevata rientra nel corpo del mobile, rendendo così disponibili i due grandi cassetti interni.
Per quanto riguarda i bronzi, sono opera di uno stesso modellatore, fonditore e cesellatore sia le guaine fogliacee che fasciano i piedi sia le maniglie circolari e le bocchette, entrambe a foggia di corona d’alloro. In entrambi i mobili i cassetti interni presentano maniglie di gusto Rocaille. Evidentemente nel 1777 non dovevano ancora suonare come una stonatura[9].
Le due commodes sono caratterizzate da un’architettura ortogonale, possente, caratterizzata dalle vigorose lesene che serrano in profondità i tableaux della facciata e i pannelli dei fianchi. Sono qui tradotte a intarsio sei tempere acquerellate, conservate nel Fondo dei disegni di bottega. Sul pannello frontale della commode delle Civiche Raccolte d’Arte è intarsiato un episodio tratto della Favola della ninfa Pasitea (Inv. C 10), sui fianchi le allegorie del Consiglio (Inv. C 12) e della Liberalità (Inv. C 14). La commode in collezione privata presenta sul fronte la raffigurazione dell’Aurora intempestiva (Inv. C 11), sui lati le allegorie del Premio (Inv. C 13) e della Prudenza (Inv. C 15)[10]. Dei sei disegni per le due commodes, tutti di una stessa mano, due recano la firma del disegnatore: Andrea Appiani (1754-1817). Le quattro allegorie dei fianchi sono riprese, con qualche modifica, dall’Iconologia di Cesare Ripa[11].
Nel Fondo dei disegni di bottega è inoltre presente il progetto per il fregio con sfingi e girali che corre lungo il cassetto superiore (Inv. C 322)[12]. Non si conservano invece disegni preparatori relativi all’architettura dei mobili, né altri disegni relativi alla ricca ornamentazione.
Nelle tarsie con le figurazioni sono impiegati un ridotto numero di legni, quasi tutti nostrani (bosso, pero, acero, acero tinto verde, faggio) e un luminoso legno esotico, utilizzato per le vesti dei personaggi allegorici sui fianchi.
I fregi sono inseriti su un fondo nero non omogeneo, ottenuto da una lastra di quercia affogata che conferisce ai fondi scuri una morbidezza e una profondità pittorica che esalta gli intarsi ornamentali[13]. Nella veste dell’Aurora intempestiva, del mobile in collezione privata, compaiono tessere d’avorio, materiale presente solo in altri due mobili congedati dalla bottega di Giuseppe Maggiolini: nella scrivania consegnata nel 1773 all’imperatrice Maria Teresa d’Austria, e nel piccolo tavolo da lavoro presso le Civiche Raccolte d’Arte di Milano (Inv. Mobili 390).
[1] G. Beretti, Il mobile dei Lumi: Milano nell’età di Giuseppe Maggiolini, Milano 2010, pp. 149-159 [2] G. Morazzoni, Il mobile intarsiato di Giuseppe Maggiolini, Milano 1953, Tav. IV [3] Esposizione storica d’arte industriale in Milano 1874: catalogo generale, Milano 1874, p. 7 [4] Mostra commemorativa di Giuseppe Maggiolini, catalogo della mostra (Milano, Museo di Milano, novembre / dicembre 1938), Milano 1938, p.30, Tav. IV [5] La casa italiana nei secoli: mostra delle arti decorative in Italia dal Trecento all’Ottocento, catalogo della mostra (Firenze, Palazzo Strozzi, maggio / novembre 1948), Firenze 1948, pp. 61-62 [6] Mostra del mobile, disegni, cimeli di Giuseppe Maggiolini, catalogo della mostra (Parabiago, Palazzo Corvini-Lampugano, 25 settembre / 10 ottobre 1965), Parabiago 1965, Tav. I [7] A. Gonzáles-Palacios, Il Tempio del Gusto, la Toscana e l’Italia settentrionale, Milano 1986, p 280 [8] G. Bertetti, op. cit, pp. 149-159 [9] Ivi. [10] G. Beretti, A. Gonzáles-Palacios, Giuseppe Maggiolini. Catalogo ragionato dei disegni, Milano 2014, pp 240-242. [11] G. Bertetti, op. cit, pp. 149-159. [12] G. Beretti, A. Gonzáles-Palacios, op. cit., pp 319-320. [13] G. Beretti, op. cit., 149-159. [14] Ivi.