Risale al 1968 l’opera “Neo-classicism (Style and Civilization)” di Hugh Honour, pietra miliare della critica d’arte novecentesca. Si tratta del primo studio dedicato all’arte neoclassica. Honour si concentra sui grandi protagonisti di questa importante stagione dell’arte europea e sulle loro opere, non più viste come frutto di un puro stile decorativo, appendice dell’allora mitizzato romanticismo. «Il termine “neoclassico” ha perso le sue connotazioni spregiative. Ma per ciò che riguarda l’arte del tardo Settecento è ancora utile distinguere tra l’imitazione dell’antichità, accademica e dettata soltanto da una moda, e lo studio serio dell’antico, compiuto alla ricerca di quella che allora veniva definita la “buona strada” per raggiungere il vero stile».
E’ a questo “vero stile” che nel 1972, a Londra, presso le sedi della Royal Academy e del Victoria&Albert Museum è dedicata la mostra “The age of neo-classicism”. Ben più di una semplice panoramica sulle arti visive. Oltre mille opere tra dipinti, sculture e disegni, ma anche mobili, porcellane, metalli, libri e progetti d’architettura.
Si tratta della quattordicesima grande esposizione allestita per diretta volontà del Consiglio d’Europa, organizzazione internazionale fondata nel 1949 in seguito agli orrori della Seconda Guerra Mondiale, con l’obiettivo di promuovere la democrazia, i diritti umani, l’identità culturale europea e la ricerca di soluzioni ai problemi sociali nei Paesi in Europa. Attraverso questo ciclo di mostre si voleva “ricordare agli europei il comune patrimonio culturale, attraverso le tendenze artistiche che hanno attraversato i secoli”.
Per l’occasione fu costituito un comitato internazionale con rappresentanti per ogni singolo paese. Fu scelto Luigi Salerno per l’Italia, l’allora direttore della Calcografica di Roma. Altri due comitati scientifici si dovettero occupare delle sezioni dedicate alle Arti Decorative e all’architettura. Per gli arredi fu scelto, tra gli altri, il giovane Alvar González-Palacios, allora trentaseienne.
Come si è detto la monumentale esposizione fu allestita in due distinte sedi. Presso le main galleries della Royal Academy furono esposti dipinti, sculture, disegni e incisioni, libri e manoscritti. Un’attenta ed erudita narrazione dalle origini del Neoclassicismo fino al suo massimo sviluppo, partendo dai filosofi, storici e torici, per passare agli scavi archeologici, all’educazione accademica degli artisti, fino alla rivoluzione e all’Impero.
Le sale presso il Victoria&Albert Museum furono invece dedicate al racconto delle Arti Decorative, con arredi, orologi, porcellane, vetri, metalli, tessuti e carte da parati. Alcune delle sale dedicate agli stili del neoclassicismo, dal Luigi XVI al Biedermeier, altre alle esperienze nei diversi paesi, dal Regno Unito all’Italia, dalla Scandinavia, alla Germania arrivando a Russia e Stati Uniti.
Il catalogo, monumentale quanto la mostra, è corredato di saggi redatti dai più importanti storici dell’arte del tempo. Hugh Honour li introduce con il breve testo intitolato “Neo-classicism”. Tra gli altri vanno ricordati “Goethe and the contemporary fine arts” di Herbert von Einem, “Archeological excavations in Italy 1750-1850” di Carlo Pietrangeli, “Neo-classicism in the French revolution” di Robert Herbert e “The meaning and diffusion of the empire style” di Mario Praz. Tra le immagini a corredo, tutte a colori, non solo dipinti come la morte di Marat di Jacques-Louis David e La Belle Zélie di Ingres, ma anche la culla del re di Roma di Jacob-Desmalter e Thomire e un tripode in bronzo dorato e cesellato di Luigi Manfredini.
A seguire è il consistente corpus delle schede delle opere, quasi duemila, ordinate nelle rispettive sezioni secondo l’ordine alfabetico degli autori. Per quanto riguarda i mobili italiani presentati in mostra, le schede sono quasi tutte curate da Alvar González-Palacios. A rappresentare la storia del mobile neoclassico italiano sono scelti alcuni degli arredi più rappresentativi, conservati presso le collezioni pubbliche e istituzioni museali. E’ il caso dello sgabello in forma di tripode ideato da Giocondo Albertolli per la Villa Reale di Monza, una cassettina intarsiata di Giuseppe Maggiolini, il celebre parafuoco finemente intagliato da Giuseppe Maria Bonzanigo, il monumentale tavolo marmoreo in foggia di arieti eseguito da Francesco Antonio Franzoni per la Sala degli Animali dei Musei Vaticani. Un altro mobile straordinario, il monumentale tavolo proveniente dalla biblioteca apostolica Vaticana di Vincenzo Pacetti e Giuseppe Valadier. Le opere del neoclassicismo più maturo e dell’Impero sono un bureau in mogano di Giovanni Socci e il gueridon di Jean-Baptiste Youf di Villa Petraia.