L’interesse per la decorazione e l’arredo, fu una costante di tutta la lunga carriera artistica di Pelagio Palagi (1775-1860). Già negli anni della sua formazione a Bologna è attratto – forse anche in virtù dell’amicizia con Antonio Basoli (1774-1848), scenografo e decoratore immaginifico – dalla decorazione e dall’arredamento. In una lettera del dicembre 1791 il conte Carlo Filippo Aldrovandi Marescotti, suo nobile protettore, rimprovera il sedicenne Palagi: “io vorrei che vi decideste se volete, si o no, fare il pittore figurista […]. Compiacetemi una volta, se vi pare che io lo meriti, lasciate andare architetture, prospettive, ornati.”
Giunto a Roma nel 1806, Palagi trova modo di applicarsi alla decorazione. Dal 1812 è a fianco di Jean-Auguste-Dominique Ingres (1780-1867), Berthel Thorwaldsen (1770-1844) e Felice Giani (1758-1823) negli allestimenti del palazzo del Quirinale, di palazzo Torlonia. Qui, oltre a dipingere gli affreschi storicistici perduti, coordinerà le decorazioni della Galleria in cui è collocato il gruppo di Ercole e Lica di Antonio Canova (1757-1822), anch’esse perdute.
Anche a Milano, città in quegli anni capitale della decorazione neoclassica grazie all’opera e alla cattedra di Ornato di Giocondo Albertolli (1742-1839) all’accademia di Brera, Palagi si occupa di decorazione e arredamento. Disegna mobili, decorazioni e tessuti. Questa sua attività, ancora poco conosciuta, doveva godere di una certa fama. Ne parla Stendhal nella Certosa di Parma, quando narra dei preparativi delle nozze tra il marchese Crescenzi e Clelia Conti: “Il marchese faceva fabbricare a Lione stoffe da parati di magnifici colori, assai ben assortiti e calcolati per la delizia dell’occhio dal celebre Pelagio Palagi, pittore bolognese.”
Nel 1832 disegna per Carlo Francesco Maggiolini (1758-1834) una sedia decorata da intarsi il cui schienale è decorato da grandi antemion, di gusto archeologico. Il progetto in scala 1:1 è conservato nel fondo dei disegni della bottega Maggiolini presso il Gabinetto dei disegni del Castello sforzesco. Se le forme sono quelle consuete dei mobili degli anni della restaurazione, la decorazione è ispirata a repertori ornamentali ben noti a un collezionista di antichità.
Palagi arriva a Torino nel gennaio del 1833, per volere del re Carlo Alberto. Il maggio successivo è insignito del titolo di “Pittore preposto alla decorazione de’ reali Palazzi”. Comincia a lavorare quello stesso anno alle prime decorazioni e arredi per Racconigi, mobili decorati con intarsi tratti dalle decorazioni della vascolare attica, ispirati dalla sua passione collezionistica che ora, alla corte sabauda, condivide con il monarca.
Sono questi gli anni in cui ha grande impulso il lavoro di scavo delle tombe etrusche. Si susseguono nel corso degli anni venti e trenta le scoperte archeologiche all’epoca facenti parte dell’Etruria pontificia. Nel 1832 Giuseppe Micali (1769-1844) pubblica Monumenti per servire alla storia degli antichi popoli italiani, seconda edizione de L’Italia avanti il dominio dei Romani del 1810. Quello per gli scavi delle tombe etrusche esplorate nel 1827 da Magnus von Stackelberg, è un interesse diffuso nelle corti europee di quegli anni. Carlo Ruspi (1798-1863) ne esegue nel 1831 esegue i facsimili a grandezza naturale dei dipinti murali della Tomba delle Iscrizioni di Tarquinia, di quelli delle Tomba del Triclinio e della Tomba Querciola. Il lavoro è completato nel 1832, e l’anno successivo entra a far parte del Museo Etrusco di Gregorio XVI. Anche Ludwig I di Baviera commissiona a Ruspi le copie delle pitture delle sei tombe di Tarquinia per la sala dei vasi figurati della Alte Pinakotheck tra 1833 e l’anno successivo quando il monarca visita a Roma l’atelier del pittore e le stesse tombe. Una serie di questi facsimili fu esposta a Londra nel 1937e fu acquistata l’anno successivo dal British Museum.
Carlo Alberto, ben informato del dibattito archeologico di quegli anni, riteneva la civiltà etrusca il fondamento della successiva civilizzazione romana. La volontà di creare a Racconigi un gabinetto etrusco, che non è da intendersi come un ambiente privato, bensì di rappresentanza, di lavoro, prossimo ad un altro ambiente di rappresentanza di gusto neoclassico come il Gabinetto di Apollo (dove Carlo Alberto nel 1848 firmerà lo Statuto Albertino), può essere dunque intesa come un gesto politico dettato dalla volontà di affermare un ruolo della dinastia sabauda come fondamento di una nuova Italia Nazione.
Palagi concepisce il gabinetto come un piccolo ambiente completamente decorato e arredato con raffigurazioni e motivi ornamentali di gusto archeologico la cui principale fonte di ispirazione furono le tavole delle Antiquités ètrusques, grecques, et romaines tirées du cabinet de M. Hamilton, pubblicate dal barone d’Hancarville (1719-1805). Affida le decorazioni pittoriche della volta e delle pareti al pittore Giovanni Battista Airaghi (1803-1855), che, per la volta impiega le immagini della tomba etrusca “dei cavalieri” scoperta a Tarquinia nel 1827 da Otto Magnus von Stackelberg. Il pavimento, su disegno di Palagi., è in mosaico di marmi policromi, il camino in marmo nero con intarsi in marmo ocra, alle due finestre sono vetri dipinti realizzati a Parigi. Nei quattro angoli, su basamenti intarsiati opera di Capello tra 1844 e 1847, quattro vasi etruschi già parte della collezione di Palagi, venduti al re. Uno scrittoio, una poltrona e due “taboretti” completano l’arredamento. Tutti i mobili e ogni dettaglio del gabinetto è puntualmente progettato con estrema cura da Palagi, i disegni in scala 1:1 sono ancora oggi conservati presso la biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna. Gabriele Capello (1806-1877) giovane e abilissimo ebanista e intarsiatore torinese, è incaricato della loro esecuzione.
I mobili più famosi sono i “taboretti etruschi”, opera di Gabriele Capello. La loro fama deriva dal fatto che furono esposti all’Esposizione di Torino del 1838 e, soprattutto, alla Great Exihibition di Londra del 1851 dove partecipa, unico tra gli Stati italiani, il Regno di Sardegna. Sono così descritti nel The Crystal Palace Exibition illustrated Catalogue: “really fine work, graceful in its general form, and enriched by the ornament of the best period of Grecian taste, deserving of a place in the palace of any sovereign”. Anche uno di questi basamenti fu esposto nel 1851 a Londra.